Il sapore della nostalgia

La nostalgia per me ha il sapore del pure, anzi delle patate lesse.


In particolare delle patate lesse che mangiavo al liceo. Bollite senza buccia e quindi un po' spappolare, condite con sale e olio; ai tempi le ho talmente detestate che per anni non ho più voluto mangiarne.

Ancora non lo sapevo che quel sapore mi sarebbe tornato in mente cento, mille volte, insieme all'immagine di me e delle mie compagne sedute a quel tavolo del refettorio, le chiacchiere, le simpatie e le antipatie, il rumore del carrello che arrivava dalla cucina, le regole e le stanze di quella che è stata la mia casa milanese per cinque anni.
Casa veramente, dal momento che era un liceo con convitto, un collegio, e quindi ci dormivo pure e tornavo a casa solo durante le feste. Sono stati anni divertenti, pieni di amici e di cose nuove, per me che sono arrivata ancora bambina, goffa e inconsapevole dalla provincia più provincia (negli anni 90 un paese su un'isola è quanto di più provinciale potesse esistere, e probabilmente lo è ancora oggi). Dopo cinque anni sono ripartita da adolescente che pensava di avere ormai capito tutto, piena di sicurezze e di convinzioni, e con un guardaroba sicuramente più fornito.

Tornare a Milano mi ridà la stessa morsa allo stomaco di nostalgia delle patate lesse, ma se le patate lesse sono oggi per me un confort food, Milano mi sembra invece così lontana, come un amico d'infanzia che incontri dopo vent'anni, e non capisci se quella faccia la riconosci davvero oppure no.

La porta di quella che per 5 anni è stata la mia "casa" milanese.
Neanche la vista di questa porta è più la stessa perché c'erano i lavori e anche quando li hanno finiti la piazza era diversa.


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