Natale 1918

Sui libri di scuola la Prima Guerra Mondiale in Italia è delimitata da due date ben precise: il 24 maggio 1915, giorno della dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria Ungheria, e il 4 novembre 1918, giorno in cui fu firmata la pace di Vittorio Veneto.

Eppure al termine della guerra la smobilitazione dell'esercito avvenne in mesi, a Natale il mio bisnonno era ancora sulle montagne. Dopo l'avanzata nella pianura padana dei primi giorni di novembre, la 37a Divisione si era fermata dopo la Livenza a riposare, ma verso metà novembre erano ripartiti verso Gorizia e poi ancora oltre sul nuovo confine. Il 29 novembre era a Novaki, un minuscolo borgo montano a pochi km da Circhina.

In questi territori, fino a pochi anni prima parte dell'Impero Austroungarico, quello italiano è un esercito occupante ed i soldati sono trattati con sospetto e talvolta manifesta ostilità. Cornelio trova nel parroco del paese un inaspettato collaboratore che cerca di fare da tramite tra i soldati e la popolazione civile. Per comunicare utilizzano un misto di latino, tedesco e qualche parola di sloveno imparata sul posto.

11 dicembre 1918
Carissima la mia Augusta
È una serata triste triste, pioviggina da stamani e io sto qui rannicchiato nel mio ufficio dove una provvidenziale stufa attepisce un po’ la fredda umidità della stagione. Oggi sono stato a fare un po’ di passeggiata sui monti, bella passeggiata, la neve che si disgela con l’acqua correva di rigagnoli lungo queste ripide mulattiere, d’intorno una desolazione di rami che un po’ doloranti uscivano dalle fratture delle rocce. Le sentinelle tremanti e bagnate vegliavano i confini, mentre gruppi di soldati sfaccendati stavano curvi su dei fumacchi pensando forse al vicino congedo, o alla vicina licenza.
Su dall’alto una fuga di monti che come onde di mare accavallano sull’orizzonte le loro grigie sporgenze. Non una casa, non un viandante: tutto silenzio e desolazione. A mezzo giorno scendevo da cavallo e mi sedevo a mensa; una mensa così alla buona ma condita di appetito. Alle due compariva il generale ed il colonnello ... disgraziati, con un tempo simile, che cosa volevano? Nulla, solo volevano venire ad imparare le strade per accompagnare il comandante della Divisione domani o domani l’altro quando verrà. La mia residenza di Novake: un paese di 10 o 12 case aggruppate sul monte: non ce n’è una alla medesima altezza: per andare dall’una all’altra bisogna sudare sebbene sembra che ti tocchino. Unico passeggero perpetuo il parroco, sempre in faccende e per trovarci uova, o latte, o fieno per i muli.
Un brav’uomo, furbo come una volpe che ci tratta bene, perché vuole altrettanto. Le giornate per dir la verità passano assai svelte; in un modo o nell’altro dalla mattina si giunge alla sera, e poi in letto dalla sera alla mattina. Sono fortunato per la camera perché ho la più bella del paese sebbene ci sia una seggiola sola, e non abbia un tavolino dove tenere un foglio.
In compenso una bellissima stufa mantiene sempre un tepore primaverile.
E così ho descritto sommariamente la mia vita: la tua non occorre tu me la descriva perché te la vedo vivete ora per ora.
Quando sarà quel benedetto giorno che tornerò a mettere i miei soliti pantaloni, la mia solita giubba, il mio solito cappello. Capisco bene che quel giorno cominceranno altri problemi seri da risolvere, ma mi adatterò, sono sicuro.
Intanto stamani tutto bene bene: spero al mio ritorno trovarvi tutti buonissime condizioni.
Salutami caramente la mamma baciami i bambini.
Siamo agli sgoccioli che, Dio ci dia salute per arrivare a riabbracciarci tutti in un abbraccio lungo lungo quanto il desiderio.
Ti stringo affettuosamente
Tuo Cornelio

8.1.1919
Carissima Augusta
Ieri sono andato a Circhina ed ho trovato un po’ d’inchiostro, per qualche giorno potrò scrivere e poi sarò senza di nuovo. Qui non fa che piovere maledettamente, ma non fa più niente freddo, dicono tutti che è un inverno eccezionale: io ne ho piacere perché il freddo mi dà, e tu lo sai, tanta ma tanta noia.
E quale altre novità ci sono? nessuna, proprio nessuna, ieri sono stato a pranzo dal Generale, e si parla di un cambio verso il 13, ma sono telegrammi di fanteria, o fantigramma come si sogliono chiamare: ordini categorici non ce ne sono: sarebbe bene però che il tempo si rimettesse un po’ perché altrimenti passare dei giorni sotto l’acqua non rappresenta una bella prospettiva. 
Intanto però in bocca sto meglio, ma invece di uno mi sono trovato tre denti bacati, ecco il guadagno, lasciamo fare basta che non dolgano, poi tutto si rimedia. Ma ho sofferto tanto, credi tanto che il 28 o 29 del mese scorso credevo di impazzire: figurati, sono arrivato al punto di gettare via tutte le cartucce ed i caricatori dalla pistola per la paura di spararmi dalla disperazione, ed ho compreso quanto soffra chi ha mal di denti, e mi sono reso conto dei tuoi spasmi di quelle notte famose che non trovando requie scendevi giù a cercare di Eva, quando stavamo nella casetta della buon’anima di Cecio.
E tu come stai? Anche tu per simpatia antipatica ti sei ammalata di denti. Starai meglio mi immagino. Attendo tue nuove da due o tre giorni, ma spero che saranno confortanti.
[...] 
Oggi dicono che sia festa nazionale, ammettiamo che sia, qua non arrivano gli squilli della marcia reale, e sventolano poche bandiere, perché non ci sono.
Facciamo la banda da noi qualche volta alla sera, assegnandoci uno strumento per ciascuno: io dirigo, poi mi fermo di botto con la bacchetta in aria, e quello che sbaglia continuando a suonare va in penitenza. E che penitenza: ad esempio una delle più feroci è quella della neve nelle maniche, perché il condannato è obbligato ad alzare le mani ed a fare servire le due maniche da secchi. E così si fa qualche risata, e così si inganna un po’ il tempo quando non arriviamo a fare anche a mosca cieca.
E come si potrebbe vivere passando giornate intere fra le pareti di una stanza se non giocassimo come i bambini? 
Qua mi conoscono tutti per il Capitano dobro il che vuol dire in lingua nostra, buono, e qualche volta qualcheduno vorrebbe anche approfittare della mia dobraggine commettendo o cercando di commettere delle infrazioni della legge: allora non dicono più che sono dobro ma cominciano a bestemmiare la loro lingua e dicono che sono sletf: cattivo. Qualche volta arrivano delle iaitza (uova) del maleko: burro e non si sa di dove viene, allora mi accorgo che qualcheduno c’è che vuole qualche cosa, il quale regolarmente comparisce dopo un giorno o due con le sue petizioni. Buona gente in generale, che non tiene a saper chi è il suo padrone; e pensa come i vecchi magnaccia fiorentini: guelfo non son, né ghibellino, etc etc 
E così un po’ oggi un po’ domani comincerai anche tu a vivere insieme con me, comincerai anche tu ad immedesimarti in questa vita che non sarebbe delle più infami in confronto di quella passata di recente, se non ci fosse un chiodo doloroso fitto nell’anima che fa pensare sempre ad un famoso treno che dovrebbe scivolare dritto dritto verso casa.
Cara Augusta mia, se i desideri facessero ripieno, quanto meno vuoto ci sarebbe d’intorno.
Aspettatemi: non so quando arriverò, ma dice che il Ministro della guerra sogna di aver un giorno l’idea di domandare il permesso di mandarci via. Vedremo. Vi bacio tutti teneramente forte forte. Ti do una stretta fortissima. 
Tuo Cornelio

18.1.19
Carissima Augusta
Non so se questa mia arriverà in tempo per annunciarti il mio ritorno prima che io arrivi. La Divisione ha già disposto per la mia partenza e spero Lunedì o Martedì mettermi in cammino. Mi ci vorranno ad arrivare quattro o cinque giorni, perché ho da fare parecchi chilometri su una carretta. E nevica, e fa freddo tanto, ma non fa niente. Stanotte pure ho avuto la febbre, è un po’ di tempo che non sto bene per nulla, non so che cosa sia, ma non va bene, affronterò però impavido il mio viaggio con la speranza di arrivare se non sano, salvo.
Non vedo l’ora di suonare il campanello di casa e rivedervi e riabbracciarvi tutti. L’aria di S. Miniato mi farà bene spero e tornerò presto in buone condizioni: tutto perché quella maledetta costipazione in bocca, mal curata, mi continua a perseguitare.
Ti bacio in anticipo, col cuore gongolante di gioia.
Penso che una buona volta sarà finita e non mi sembra neppure vero!...
Addio a presto.
Tante cose, baci, abbracci a tutti
Tuo Cornelio

Da quello che raccontano i miei parenti che l'hanno conosciuto, di questo periodo Cornelio parlò pochissimo, tanto ché le nipoti che vivono a Gorizia non avevano idea che il nonno avesse combattuto su queste montagne. Eppure dei mesi trascorsi su queste montagne qualcosa è rimasto, a parte le lettere alla moglie: in un cassetto ho trovato una cartolina di questo sperduto paesino, con una immagine della montagna che si perde nella foschia e una casa alpina con la famiglia schierata all’esterno; a fianco una matita ha scritto il nome del curato Ivan Kenda e il nome del paese, forse un appunto per riprendere i contatti una volta tornato a casa.



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