"EFFETTI COLLATERALI"

Da Mali, la guerra avanza. Effetti collaterali in Burkina Faso.
"Gli occhi neri di Martine, che ha appena compiuto 2 anni, raccontano in un attimo la storia di una bambina minuta, malnutrita e bellissima, che chiede a chiunque le si presenti davanti di essere presa in braccio. Proprio come fanno tutti i piccoli, semplicemente bisognosi di essere toccati e rassicurati, assetati come sono d'affetto e attenzioni, ospiti dell'orfanotrofio "Casa Matteo", costruito dieci anni fa dal Movimento Shalom Onlus e Coop Italia, qui a Gorom Gorom, a circa 60 chilometri dal confine con il Mali. La sorte di Martine e di altri 26 ragazzini, dai 10 mesi ai 6 anni, è a rischio ora che la guerra al di là del confine sta dando i suoi primi effetti tragici, con ondate di profughi maliani che scappano dalla sanguinosa infiltrazione dei gruppi islamici nelle formazioni indipendentiste di etnia Tuareg, che nell'aprile 2012 avevano rovesciato il governo di Amadou Toumani Touré, senza peraltro avere le idee ben chiare sul futuro del loro Paese. 
L'albergo vuoto e la miniera d'oro. Il centro di accoglienza di Gorom Gorom contiene al suo interno un albergo - "Le Dune" - per viaggiatori occidentali, attratti dal fascino del vicino deserto del Sahel e da altri richiami turistici, come le moschee di fango di Bani. Una struttura che era stata concepita come "motore" finanziario per assicurare il mantenimento dell'orfanotrofio. Un motore che però ora s'è fermato. Chi ha la voglia, il coraggio, di arrivare fin qui, con i "tuoni" della guerra così vicini e gli accampamenti dei profughi nella zona? Gli unici ospiti che ancora occupano le stanze dell'hotel sono tecnici minerari indiani, che lavorano per società canadesi e statunitensi in una miniera d'oro poco distante da qui. Già, proprio così: l'oro. Che pare ce ne sia in quantità e che rappresenta anziché un'occasione di sviluppo e benessere da diffondere, una vera e propria maledizione. Un destino che ripete il suo copione un po' in tutta l'Africa".

Tutto questo succede a pochi chilometri da un posto in cui sono stata, da bambini che ho tenuto in collo, da mani che ho strinto. E che almeno per quest'anno non rivedrò di sicuro. 
Eppure guardo le foto dei bambini e sono gli stessi, ridono perché non sanno che succede a pochissima distanza da loro, beata la loro innocenza. 
E mi si riempie il cuore di tristezza e impotenza. E anche di rabbia.

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