Biblioteche

Se c'è una cosa che mi manca di una mia vita precedente (quella in cui facevo la studiosa di greco antico), sono le biblioteche.
Ho passato anni nelle biblioteche, per studio prima, ricerca poi, oggi se capita è solo per passatempo.
E' un luogo fuori dal tempo, ovattato, abitata di esseri eterei e silenziosi (o che tali dovrebbero essere) che si aggirano tra gli scaffali, leggono in piedi, seduti o accasciati su tavoli, sedie o per terra, camminano guardandosi attorno, a volte dormono. Amavo trovare il mio posto, tornarci ogni giorno, imparare la disposizione dei libri, muovermi in silenzio per i corridoi di scaffali, scoprire nuove sezioni.
Se chiudo gli occhi rivedo ogni biblioteca che ho frequentato, come una fotografia, la postazione, il silenzio, la concentrazione, le preoccupazioni, le soddisfazioni, le ansie e i sorrisi.

La prima biblioteca che ho frequentato è quella del Dipartimento di Filologia Classica a Pisa. Ci ho passato 4 anni, conoscevo praticamente tutti almeno di vista, studenti, professori e bidelli; nelle stanze della biblioteca facevamo anche lezione (sono stata tra gli ultimi "vecchio ordinamento", e ho seguito corsi in cui eravamo in 2 o 3, seduti intorno a un tavolo insieme al prof), studiavamo per gli esami, negli ultimi tempi facevo ricerca per la tesi, aspettavo nel corridoio il ricevimento con il prof.
(E' passato talmente tanto tempo che - cercando una foto della biblioteca su internet - che ho scoperto che il dipartimento... semplicemente non esiste più. Si parlava di un trasferimento, ma lo consideravo una leggenda, evidentemente invece oggi è realtà...).

Con il dottorato sono arrivata alla biblioteca di Filologia greca di Bologna, e là ho iniziato a prendere coscienza della mia dipendenza.
Mi piaceva arrivare presto, essere la prima ad entrare, scegliere dove mettermi, la presa per il computer, prendere i libri e iniziare la mia giornata. E quelle mattine in cui riuscivo davvero ad essere la prima, e per cinque minuti ero sola davvero, e mi sentivo come un bambino da solo in un negozio di giocattoli.

Durante il periodo di Parigi sono principalmente due le biblioteche che hanno fatto parte della mia vita.
La biblioteca del Centre Gernet, piccola e caldissima in inverno. Le facce erano un po’ diverse dal solito perché non erano tutti antichisti ma capitavano anche sociologi, antropologi, archeologi (e lo so che sembra un pò tutta la stessa zuppa, ma non lo è, quando sei un grecista anche un latinista ti sembra far parte di un altro pianeta). L'anno trascorso a Parigi è stato un anno felice, probabilmente eravamo un gruppetto di simpatici sociopatici, ma mi sono divertita tanto ed è stato forse uno dei pochi momenti della mia vita in cui mi sono sentita "parte" di qualcosa. Da questa atmosfera di condivisione e amicizia resta isolata solo questa biblioteca: a parte non avere il WiFi, cosa gravissima per chi trascorre 8 ore davanti a un PC (ed era il 2007-2008, forse avevo appena creato il mio account Facebook e mi ricordavo di guardarci un paio di volte a settimana), ma la pecca principale erano gli altri abitanti di quel mondo. Francesi antipatici. Non penso ci sia definizione migliore.


L’altra biblioteca era quella della scuola normale, sicuramente la mia preferita. E' divisa in due parti: quella antica, gelida d'inverno ma fresca in estate, conteneva la maggior parte dei libri di cui avevo bisogno ma i tavoli erano scomodissimi, con le seggioline in legno tipo scuola materna. Nel cortile avevano costruito un edificio nuovo, tutto a vetrate e molto moderno, dove i tavoli e le sedie erano molto più comodi ma dovevi andare a cercarti i libri nella zona vecchia. Una collezione infinita, almeno per i miei studi, corridoi silenziosi con libri organizzati per argomento, mi sedevo per terra e iniziavo a spulciare tutto lo scaffale alla ricerca di qualcosa di nuovo (nuovo per me, magari era un commento del diciottesimo secolo).

Questa trovata online è una foto della parte nuova, fatta evidentemente prima che venissero portati i libri. Non sono riuscita a trovare foto dei corridoi della parte vecchia con il linoleum a terra, ma solo delle aule storiche con i libri di rappresentanza.
A Bologna l'ultimo anno ho scoperto l’Archiginnasio. Era l’ultimo anno di dottorato, un anno intenso, di studio matto e disperatissimo. Il sabato mattina la biblioteca del dipartimento era chiusa e così avevo scoperto questa biblioteca dove andavo non per tanto consultare quanto per concentrarmi e scrivere. Mi faceva sentire terribilmente a posto con la coscienza lo svegliarmi la mattina presto del sabato e farmi le mie buone 4-5 ore in biblioteca, in genere senza distrazioni riuscivo a essere molto produttiva, e mi concedevo poi l'alibi di non fare niente per il resto del sabato.



Ci sono poi altre biblioteche che ho frequentate solo per periodi brevi, ma che sono legate a momenti particolari: a Londra (all'Institute of Classical Studies mentre mi concedevo gli ultimi mesi per tentare una carriera che evidentemente non ricambiava il mio attaccamento; l'accesso più semplice e le postazioni più comode che abbia mai trovato), a Parigi (alla Maison de l'Allemagne dove ho abitato per 8 mesi), a Pisa (Aula studio Pacinotti, abitavo proprio sopra, più che una biblioteca è - era - una sorta di centro sociale, in cui si studiava poco e si socializzava molto, ma durante i mesi estivi di preparazione degli esami tutto valeva pur di cambiare aria per mezza giornata).


Oggi la biblioteca non fa più parte della mia quotidianità, e questo è forse il mio unico rimpianto nei confronti delle scelte che mi hanno portato a fare il lavoro che faccio oggi.
Oddio, una bibliotechina potrei anche dire di averla in casa, ma c'è un'unica postazione che trovo praticamente sempre occupata.

 

Commenti