Lettere dal fronte

Nel 1915 Cornelio ha 34 anni, una moglie Augusta, 3 figli piccoli, è professore di matematica ed è a Macerata per una assegnazione annuale. Nel tempo libero scrive racconti e di tanto in tanto non disdegna i pennelli. Crede fermamente nella scienza e nella medicina, fa ginnastica ogni mattina e analizza con perizia ogni minima alterazione nelle condizioni fisiche sue e dei familiari. E’ molto affezionato alla suocera, la signora Maddalena, che contribuisce in modo non indifferente ad uno stile di vita che per l’epoca si può definire agiato. Il 15 maggio 1915 viene richiamato in servizio attivo nel Regio Esercito, in vista della prossima dichiarazione di guerra, che in effetti arriverà il 23 maggio. Cornelio resterà in servizio fino al 15 febbraio 1919, e questi 3 anni e 9 mesi della sua vita sono raccontati in oltre 400 lettere e cartoline scritte alla moglie.
Cornelio era il padre di mia nonna, e le lettere sono state raccolte per un secolo in una scatola foderata di tessuto rosso all’interno di una cassapanca di legno. Qualche anno fa ho iniziato a trascriverle ordinatamente, mi sono poi interrotta e quest’estate ho finalmente terminato l’impresa. 444 tra lettere e cartoline (quelle arrivate a casa e conservatesi), che raccontano 45 mesi della vita di una persona che non ho mai conosciuto se non attraverso i racconti di mia madre e di mio zio, e che ho cercato di ricreare nella mia immaginazione attraverso le sue parole.
Non fu un eroe di guerra, di quelli a cui siamo abituati dal cinema; trascorse al fronte solo pochi mesi intervallati da lunghi periodi nelle retrovie o in ospedale, e per la maggior parte del tempo tentò di salvare la pelle facendosi assegnare mansioni di addestramento reclute o trasporto viveri. Sopravvisse come poté, perennemente combattuto tra il senso del dovere verso la patria, il desiderio di non morire, il senso di responsabilità verso la famiglia, l’imbarazzo di fronte ai ragazzi sempre più giovani che accompagnava sulla linea del fronte. Scrisse quasi quotidianamente alla moglie per dare raccomandazioni sulla salute sua e dei figli, consigli su come gestire la casa, raccontare fatti piccoli o grandi ai quali assisteva, lamentarsi per problemi di salute o incomprensioni con i colleghi, dare indicazioni su maglie o scarpe da spedire o ricevere.
Le lettere più emozionanti sono sicuramente quelle in cui racconta di battaglie, ma quelle più tenere sono quelle in cui dal riserbo della retorica dell’epoca traspare l’affetto per i figli, il desiderio di vicinanza alla moglie, la noia per gli incarichi ripetitivi. Sono lettere che rivelano la vita di un uomo normale, che per 3 anni e mezzo della propria vita si trovò a indossare una divisa e a vivere la vita del soldato, continuamente sballottato da una parte all’altra, lontano dalla tranquilla vita di provincia da professore di matematica. Niente orrori della guerra e della morte, ma piccole seccature, preoccupazioni e guai di una vita diventata suo malgrado quotidiana.

Questa lettera è scritta durante uno dei periodi trascorsi al fronte, si trova sul Monte Cengio con la Brigata Pistoia inviata a bloccare la Strafexpedition degli Austriaci.

19.6.916 ore 10  
Carissima la mia Augusta 
In un momento tranquillo ti scrivo questa lettera qui dentro la mia tana, mentre al di sotto giù in un largo profondo della Valle dell’Astico lussureggiante di verde echeggia il suono continuo del cannone lontano. Il bianco greto dell’Astico come una grande serpe bianca traversa la valle cosparsa di bianche casette ormai silenziose e di graziosi paeselli da tanto abbandonati. Non una persona transita ormai più di giorno per le strade che un giorno accoglievano il transito continuo della vita commerciale che era vividissima in questi luoghi per l’esistenza di tanti e tanti setifici e lanifici. Si flagella più qua e più là con nero filo di fumo qualche granata sperduta; le artiglierie nemiche frugano continuamente, ma niente trapela nella valle silenziosa della vita militare che febbrilmente vi si svolge. Chi osserva di giorno dice che tutto è morto. Ma alla sera quando le vedette austriache sparse su per le vette circostanti non possono più distinguere uomini e cose, quanta vita, quanto movimento! È commovente vedere come diventi difficile il passaggio per la folla di soldati che si muove o per lavori o per le corvé di rancio là dove il giorno tutto sembra desolato e morto. Brulicano come formiche uscendo dalle loro tane e cercano la posta e cercano mangiare, e portano roba e portano ordini, mentre le strisce luminose dei riflettori vanno cercando. Investiti della luce del riflettore si fermano in qualunque posizione come statue, poi ritornano al movimento febbrile di prima. Alle 11 o a mezzanotte arrivano i nostri mensaioli con i sacchi del nostro mangiare. È carne cotta un po’ di formaggio, qualche uovo sodo che deve servire per il giorno dopo. Quando si schiariscono le vette, a poco a poco il movimento di attenua e a giorno scompare affatto. Solamente qualche raro portatore d’ordini traversa curvo e correndo i luoghi più pericolosi e arriva tutto ansante, pensieroso della strada che ha ancora da percorrere al ritorno. 
Questa, te lo dico sinceramente, è una vita strana, però non ci sono pericoli di sorta; vorrei che così durasse per tutta la guerra! In altre parti del fronte si combatte accanitamente e gli Austriaci cominciano ormai a perdere terreno dopo essersi logorati inutilmente contro la seconda linea di difesa che ha posto un argine formidabile alla loro invasione. La mia compagnia è quasi intatta; perdei giorni indietro una dodicina di uomini quando avanzammo per venire a stabilirci in questa posizione, perché ci avvistarono e ci batterono con la artiglieria. La salute di tutti è generalmente buona se non ottima. L’aria è saluberrima. In conclusione è il caso di pregare Iddio che duri così. 
Ieri ho ricevuto la tua lettera e ti ho scritto una cartolina, una cartolina tornerò a scriverti anche oggi perché temo che le lettere abbiano un grande ritardo a causa della censura. Non stare in pena se qualche giorno non ti arriva niente. Non sempre passa il portalettere, o meglio si vede passare il portalettere, il paese più vicino nel quale si possa fare un telegramma è distante una trentina di kilometri e capirai che per mandare un soldato a piedi, oltre ad assumersi una grande responsabilità per quello che gli può capitare, si ha uguale ritardo perché ci vogliono due giorni di cammino. 
Riprendo ora la scrittura della lettera perché i miei ufficiali sono venuti a dirmi che avevano fame ed abbiamo consumato fra una sciocchezza e l’altra quel po’ di roba che ieri sera ci avevano portato. Oggi anzi è stato un buon pranzo. Cotolette fritte e delle bombette di riso. Ma però, credi che se non fosse quest’aria fine che fa venire un po’ d’appetito chi sa se si mangerebbe. Effluvi di ogni genere, mosche, sudiciume, terra più o meno fetente che circonda, acqua poca poca per pulire e pulirsi, tutte circostanze che temperano ogni desiderio di mangiare. E beati noi! Il mio attendente si è messo in testa di tappezzarmi la tana con dei teli da tenda per evitare il continuo cadere di terra che al mattino mi fa trovare tutto coperto, senza escludere il cadere di qualche sasso sulla testa che mi fa svegliare di soprassalto. Peccato che si debba essere paralizzati in ogni movimento perché almeno potremmo ogni giorno aumentare i corridoi e credi che con l’industriosa operosità di questi giovinetti, chi sa realizzare in buon pro ogni piccola risorsa queste tane diverrebbero in pochi giorni alberghi con tutto il confortabile. Stasera attendo una lampada a spirito per poterci almeno qualche volta fare un po’ di pasta asciutta calda, sono quindici giorni che mangiamo secco e freddo e mi meraviglio come il mio stomaco che ha sempre tanti guai abbia retto fino ad ora. Prendo ogni o due giorni un po’ di sale inglese, ma vo a rilento perché… perché è un problema gravissimo deporre…E chiudo così di parlare di me per venire a parlare un po’ di voialtri. Mi dispiace assai la salute un po’ di pallore dei ragazzi e sono contentissimo che tu pensi anche quest’anno a portarli un po’ ai bagni. Speriamo che Bianca abbia un eccezionale periodo di buon umore e che ti allevi di tanto lavoro e di tanta noia. Non me ne hai più parlato e quindi mi immagino che le cose vadano assai bene. 
Godo per altro che la Sg Maddalena sia ormai ristabilita e faccio veri e sinceri auguri che conservi la sua alacrità tanto utile a tutti per molti anni. Tu poi cerca di stare tranquilla più che puoi, di accettare filosoficamente la contingenza di questa dolorosa condizione pensando che fra tutte le madri e tutte le mogli tu non sei la più disgraziata. Affacciati alla finestra e dappertutto vedrai lutto e miseria. Se tutto finisse almeno con una pace gloriosa! Riguardati, dormi, mangia, non aver preoccupazioni per me per non crearmi alla tua volta gravi preoccupazioni per te.
Babbo mi ha scritto una cartolina nella quale mi dà la brutta notizia che Noemi soffre di incomodi assai gravi, o meglio che Noemi non sta bene come avrei sperato dopo essersi procurata un po’ di vita tranquilla. Beato Iddio che preoccupazione! Che almeno vada bene anche questa! Non so se tu sia informata ma se vuoi informartene e tienimi informato me.
Scrivimi che sei allegra e tranquilla ché è la migliore consolazione che puoi darmi. Baciami i bambini e dì loro che li ho sempre dinanzi, che li veggo buoni e cattivi, che piango quando ti fanno arrabbiare. I più grandicelli mettili al corrente delle mie condizioni che ormai possono capire, rallegrati dei progressi che fanno nello studio ma più che altro pensa che li voglio sani. Ricordati di me sempre nelle tue preghiere.
Ti bacio forte forte mentre ti penso sempre. Care cose alla signora Maddalena.
Tuo Cornelio


Ti mando questi odorosi ciclamini colti sul campo di battaglia quando andai in opera pietosa al riconoscimento dei morti.

Commenti